Proroga al 20 luglio dei versamenti per contribuenti isa e forfettari

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha emesso un comunicato stampa (n. 98) annunciando una proroga dei termini di pagamento per i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, dell’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) e dell’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto). La proroga riguarda i contribuenti interessati dall’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), compresi coloro che aderiscono al regime forfetario o al regime dei “minimi”.

La nuova disposizione normativa prevede che il termine originariamente fissato al 30 giugno 2023 sia prorogato fino al 20 luglio 2023. Ciò significa che i contribuenti avranno un periodo aggiuntivo di tempo per effettuare i pagamenti dovuti in base alle dichiarazioni dei redditi, dell’IRAP e dell’IVA.

Secondo il comunicato, il termine per i versamenti senza l’applicazione della maggiorazione dello 0,4% a titolo di interesse corrispettivo sarà prorogato dal 30 giugno al 20 luglio 2023, come precedentemente indicato. Tuttavia, è importante notare che la scadenza del 31 luglio 2023 rimarrà ferma. Questo perché il 30 luglio cade di domenica e, pertanto, la scadenza è spostata al giorno lavorativo successivo.

La proroga dei termini di pagamento prevista è quindi una soluzione “dimezzata” rispetto a quella che è stata adottata negli anni precedenti. In passato, una proroga del termine per i versamenti senza la maggiorazione dello 0,4% corrispondeva a un analogo differimento del termine per il pagamento con la maggiorazione. In questo caso, invece, solo il termine per i versamenti senza la maggiorazione viene prorogato, mentre la scadenza per i pagamenti con la maggiorazione rimane invariata al 31 luglio 2023.

Secondo Salvatore Regalbuto, Tesoriere del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), ritiene che la riforma fiscale rappresenti un’opportunità da non perdere per ridefinire il calendario delle scadenze fiscali e superare l’ormai insostenibile ingorgo estivo. In altre parole, è necessario trovare soluzioni strutturali che riducano la dipendenza dalle proroghe e semplifichino il sistema fiscale, in modo da rendere più agevole e sostenibile l’adempimento degli obblighi fiscali per i contribuenti.

La riforma fiscale potrebbe offrire un’opportunità per rivedere l’organizzazione delle scadenze fiscali in modo più equilibrato nel corso dell’anno, riducendo così il carico di lavoro concentrato durante l’estate. Questo consentirebbe una migliore gestione delle dichiarazioni dei redditi, dell’IRAP e dell’IVA, evitando congestioni e ritardi nell’adempimento degli obblighi fiscali.

Tuttavia, è importante sottolineare che tali considerazioni rappresentano un’opinione e un desiderio di miglioramento del sistema fiscale, e sarà necessario un impegno congiunto tra le autorità fiscali, gli esperti del settore e gli attori interessati per realizzare effettive modifiche e semplificazioni nel calendario delle scadenze fiscali.

Per quanto riguarda i contribuenti interessati dalla proroga, il comunicato afferma che la proroga si applica ai professionisti e alle imprese che svolgono attività per le quali sono approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA). Analogamente agli anni precedenti, è quindi da considerare che la proroga si applica ai soggetti che soddisfano entrambe le seguenti condizioni:

  1. Esercitare attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) ai sensi dell’articolo 9 del DL 50/2017.
  2. Dichiarare ricavi o compensi non superiori al limite stabilito, per ciascun indice, nel decreto di approvazione del Ministro dell’Economia e delle Finanze, pari a 5.164.569 euro.

Come negli anni precedenti, il comunicato specifica che possono beneficiare della proroga anche i contribuenti che soddisfano i seguenti requisiti:

  1. Applicano il regime forfetario di cui all’articolo 1, commi 54-89 della Legge 190/2014
  2. Applicano il regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all’articolo 27, comma 1 del Decreto Legge 98/2011, noto anche come “contribuenti minimi”
  3. Presentano altre cause di esclusione dagli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA)

D’altra parte, si devono considerare esclusi dalla proroga i contribuenti che svolgono attività agricole e che hanno solo redditi agrari ai sensi degli articoli 32 e seguenti del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Questa esclusione è stata confermata in una risposta all’interpello dell’Agenzia delle Entrate datata 2 agosto 2019, numero 330. Pertanto, i contribuenti che rientrano in questa categoria non potranno beneficiare della proroga.

Come già avvenuto negli anni precedenti, il comunicato chiarisce che la proroga si estende anche ai soggetti che soddisfano le seguenti condizioni:

  1. Partecipano a società, associazioni e imprese che sono soggette agli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA). Questo significa che se un contribuente è coinvolto in una società, associazione o impresa che è tenuta a calcolare gli ISA, il beneficio della proroga si applicherà anche a lui.
  2. Devono dichiarare redditi “per trasparenza” in base agli articoli 5, 115 e 116 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Questa condizione riguarda i contribuenti che, a causa della loro partecipazione in società di persone o altre forme di associazione, devono dichiarare i redditi come se fossero imputati direttamente a loro. Per tali soggetti, la proroga sarà applicabile.

La proroga si applica ai versamenti delle somme derivanti dalle dichiarazioni dei redditi e dell’IRAP, con particolare riferimento a:

  • Il saldo relativo al periodo d’imposta 2022 e l’eventuale primo acconto per il periodo d’imposta 2023 dell’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), dell’IRES (Imposta sul Reddito delle Società) e dell’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive).
  • Il saldo relativo al periodo d’imposta 2022 dell’addizionale regionale all’IRPEF.
  • Il saldo relativo al periodo d’imposta 2022 e l’eventuale acconto per il periodo d’imposta 2023 dell’addizionale comunale all’IRPEF.
  • Il saldo relativo al periodo d’imposta 2022 e l’eventuale primo acconto per il periodo d’imposta 2023 della “cedolare secca sulle locazioni”. Questo riguarda i versamenti dovuti dagli affittuari che hanno scelto di applicare la cedolare secca come regime fiscale.
  • L’imposta sostitutiva (aliquota del 15% o del 5%) dovuta dai contribuenti forfettari. La proroga si applica al saldo relativo al periodo d’imposta 2022 di tale imposta.
  • L’imposta sostitutiva del 5% dovuta dai cosiddetti “contribuenti minimi”. La proroga riguarda il saldo relativo al periodo d’imposta 2022 di questa imposta.
  • Altre imposte sostitutive o addizionali, come ad esempio la cosiddetta “tassa etica”. Queste imposte seguono gli stessi termini previsti per le imposte sui redditi, quindi i versamenti relativi al periodo d’imposta 2022 beneficeranno della proroga.
  • Il saldo relativo al periodo d’imposta 2022 e l’eventuale primo acconto per il periodo d’imposta 2023 dell’IVIE (Imposta sul Valore degli Immobili situati all’Estero) e/o dell’IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero). I contribuenti che sono tenuti a versare queste imposte potranno beneficiare della proroga per i pagamenti relativi al periodo d’imposta 2022 e, se applicabile, per l’eventuale primo acconto del periodo d’imposta 2023.
  • L’IVA dovuta sui maggiori ricavi o compensi dichiarati al fine di migliorare il proprio profilo di affidabilità fiscale in base agli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA). Questo si riferisce agli importi aggiuntivi di IVA che devono essere pagati dai contribuenti che dichiarano volontariamente ricavi o compensi superiori al limite previsto per gli ISA, al fine di migliorare la propria posizione di affidabilità fiscale. La proroga consente di posticipare i versamenti dell’IVA dovuta su tali maggiori ricavi o compensi dichiarati per migliorare il proprio profilo di affidabilità fiscale.

Il comunicato esplicitamente menziona anche la dichiarazione IVA, quindi la proroga fino al 20 luglio 2023 si applica anche al versamento del saldo IVA relativo al periodo d’imposta 2022. Questo è valido nel caso in cui il versamento non sia stato effettuato entro la scadenza ordinaria del 16 marzo dell’anno corrente, con le relative maggiorazioni dello 0,4% per ogni mese o frazione di mese successivo al termine ordinario e fino al 30 giugno. Tuttavia, è importante notare che il versamento deve comunque essere effettuato entro il 31 luglio, includendo l’ulteriore maggiorazione dello 0,4% che viene calcolata anche sulle eventuali maggiorazioni precedenti.


Acconto IMU entro il 16 giugno 2023

Come accade annualmente, anche quest’anno è necessario versare la prima rata dell’IMU (Imposta Municipale Propria) relativa all’anno 2023 entro il 16 giugno. Per quanto riguarda le modalità di calcolo dell’imposta, è importante fare riferimento alle disposizioni stabilite nell’articolo 1, commi 739 e seguenti della Legge 160/2019.

È importante tenere presente che l’IMU (Imposta Municipale Propria) è dovuta per interi anni solari, in proporzione alla quota di possesso e ai mesi dell’anno in cui si è protratto tale possesso. Al fine di calcolare correttamente l’imposta, si applicano le seguenti regole:

Il mese in cui il possesso si è protratto per più della metà dei giorni totali viene considerato come intero per il calcolo dell’imposta.

Nel caso di trasferimento di possesso, il giorno in cui avviene il trasferimento viene computato a carico dell’acquirente, e l’imposta per il mese del trasferimento resta completamente a suo carico se i giorni di possesso sono uguali a quelli del cedente.

Ad esempio, se un immobile viene ceduto il 16 aprile 2023, l’intero mese di aprile (composto da 30 giorni) sarà considerato a carico dell’acquirente.

Pertanto, entro il 16 giugno 2023, il venditore (a meno che l’immobile non sia esente dall’IMU, ad esempio perché destinato ad abitazione principale) dovrà versare l’acconto dell’IMU per i primi tre mesi dell’anno 2023. Al contrario, l’acquirente (se non è soggetto a esenzione) dovrà farsi carico dell’IMU per i rimanenti nove mesi dell’anno 2023.

Per l’anno 2023, l’IMU (Imposta Municipale Propria) è dovuta per i fabbricati, le aree edificabili e i terreni agricoli, con modalità di calcolo della base imponibile che variano a seconda del tipo di immobile coinvolto. Il pagamento dell’IMU avviene in due rate:

La prima rata deve essere versata entro il 16 giugno 2023 e corrisponde all’imposta dovuta per il primo semestre, applicando le aliquote e le detrazioni stabilite per il 2022.

La seconda rata, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno 2023 e con conguaglio basato sulle aliquote indicate nel prospetto delle aliquote per il 2023, deve essere versata entro il 18 dicembre 2023 (poiché il 16 cade di sabato). Queste disposizioni sono precisate nella risoluzione del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 18 febbraio 2020, n. 1/DF, e nella circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’18 marzo 2020, n. 1/DF.

Tuttavia, il contribuente ha anche la possibilità di effettuare il pagamento dell’intera imposta dovuta in un’unica soluzione annuale, entro la data del 16 giugno 2023.

Facoltà dei Comuni di differire i termini di versamento dell’IMU

È importante tenere presente che, riguardo ai termini di pagamento dell’IMU (Imposta Municipale Propria), la risoluzione del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 8 giugno 2020, n. 5/DF, ha stabilito che i Comuni hanno la facoltà di differire autonomamente i termini di pagamento dei tributi locali di propria competenza. Questo potere è regolato dagli articoli 52 del Decreto Legislativo 446/97 e 6, comma 3, della Legge 212/2000.

Tuttavia, è importante sottolineare che questa facoltà può essere esercitata solo per quanto riguarda le entrate di competenza esclusiva dell’ente locale. L’ente locale non può intervenire, neppure con un semplice differimento dei pagamenti, riguardo alla quota IMU di competenza statale relativa agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale “D”, come stabilito dall’articolo 1, comma 753, della Legge 160/2019.

Pertanto, per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale “D”, è obbligatorio effettuare il pagamento della quota del 0,76% destinata allo Stato entro il 16 giugno 2023 per l’acconto e entro il 18 dicembre 2023 per il saldo, senza la possibilità di differimento.


La cessione del credito d’imposta energia e gas

L’art. 1 della Legge 197/2022 ha esteso anche al primo trimestre 2023 l’applicazione dei crediti d’imposta sull’energia elettrica, sul gas e sul carburante, già previsti nell’ultimo trimestre 2022, ma con un incremento pari al 5%.

L’ammontare dei crediti d’imposta si differenzia a seconda della tipologia di impresa ed ammonta a:

  • il 45% delle spese sostenute da parte delle imprese energivore;
  • il 35% delle spese sostenute dalle imprese non energivore (con potenza disponibile superiore a 4,5 KWH);
  • il 45% delle spese sostenute da parte delle imprese gasivore;
  • il 45% delle spese sostenute da parte delle imprese non gasivore;
  • il 20% delle spese sostenute per l’acquisto di carburanti da imprese agricole e della pesca.

Le aliquote subiscono una diminuzione nel secondo trimestre 2023, scendendo al:

  • il 20% delle spese sostenute da parte delle imprese energivore;
  • il 10% delle spese sostenute dalle imprese non energivore (con potenza disponibile superiore a 4,5 KWH);
  • il 20% delle spese sostenute da parte delle imprese gasivore e non gasivore.

Tutti i predetti crediti devono essere utilizzati in compensazione tramite F24 entro il 31 dicembre 2023.

In alternativa, le imprese possono optare per la cessione a terzi nel rispetto di precise condizioni:

  • il credito d’imposta può essere ceduto esclusivamente per intero;
  • le imprese cedenti devono richiedere l’apposizione del visto di conformità sulla documentazione che attesta l’esistenza del diritto a ricevere il credito stesso;
  • le imprese cessionarie devono usare il credito d’imposta in compensazione tramite modello F24 entro le stesse scadenze previste per l’utilizzo da parte del cedente.

L’Agenzia delle Entrate ha stabilito i termini entro cui comunicare l’avvenuta cessione:

  • entro il 20 settembre 2023 per i crediti energia e gas relativi al III e IV trimestre 20221;
  • entro il 18 dicembre 2023 per i crediti energia, gas e carburante relativi al I trimestre 20232.

1 Per approfondire si veda il provvedimento n. 450517del 6 dicembre 2022 in merito alle disposizioni attuative per la cessione e tracciabilità dei crediti d’imposta.

2 Si veda il provvedimento n. 116285 del 3 aprile 2023, che sostituisce i precedenti ed approva i nuovi modelli per la comunicazione della cessione.


La trasformazione delle S.R.L. in Società Semplici di mero godimento

Le operazioni di trasformazione di società commerciali a responsabilità limitata possono terminare con la creazione di una società semplice di mero godimento.

È interessante notare come la trasformazione consenta la sostanziale continuità dei soggetti, a differenza dell’operazione di assegnazione dei beni ai soci, come richiamato anche dall’art. 2498 c.c., che cita: “l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione”.

Tale operazione si configura, pertanto, come atto di modifica dell’atto costitutivo, da cui conseguono tre principali risultati:

  • non si determina un trasferimento di beni;
  • non comporta la successione di beni tra soggetti distinti;
  • non estingue né costituisce una nuova entità.

Dal punto di vista giuridico si classifica come trasformazione omogenea regressiva: mentre la S.R.L. è un soggetto di diritto personificato dotato di autonomia patrimoniale perfetta, caratteristica tipica delle società di capitali, la S.S., in quanto società di persone, è priva di personalità giuridica e gode di autonomia patrimoniale imperfetta.

Appare, quindi, evidente come si modifichi la responsabilità dei soci nei confronti nelle obbligazioni sociali. Il socio di una S.R.L. risponde per le obbligazioni sociali unicamente con quanto da lui conferito nel patrimonio della società e vincolato a capitale. Al contrario, la limitazione della responsabilità non esiste nelle società di persone, i cui soci sono chiamati a rispondere illimitatamente, anche con il proprio patrimonio personale, per le obbligazioni sociali (ex art. 2740 c.c.).

Per questo motivo è di fondamentale importanza per il socio di S.R.L. ponderare la trasformazione in S.S. I vantaggi fiscali offerti dalla L. 197/2022 bilanciano la perdita del beneficio della responsabilità: come sancisce l’art. 2500-sexies ultimo comma c.c. “i soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata, rispondono illimitatamente per le obbligazioni sociali sorte anteriormente alla trasformazione”. Esporre il patrimonio personale all’eventuale azione dei creditori sociali potrebbe rappresentare un rischio eccessivo, se la società fosse già fortemente indebitata.

Tuttavia, la trasformazione può consentire di realizzare diversi obiettivi.

In Italia sono frequenti gli investimenti famigliari in immobili, da sempre garanzia di conservazione del capitale e fonte di reddito, che viene successivamente ripartito tra tutti i componenti della famiglia. Tale sistema di gestione patrimoniale si potrebbe inceppare al verificarsi di una situazione di crisi, quale ad esempio la separazione dei coniugi o il dissidio tra parenti. Stipulare un contratto di società semplice consente di stabilire come ottenere utilità economica dalla gestione del patrimonio comune.

Nel caso in cui, invece, si voglia anticipare il passaggio generazionale, il contratto di società semplice consente di derogare ad alcuni limiti imposti dal diritto successorio:

  • impedire agli eredi di richiedere la liquidazione, in denaro o natura, della propria quota prima del termine della società (in successione saranno tramandate le quote di partecipazione che rappresentano gli immobili e non i beni stessi);
  • escludere uno o più eredi dall’attribuzione delle suddette quote, obbligando gli altri, tuttavia, alla loro liquidazione in denaro (operazione vietata nel diritto successorio);
  • siglare un patto di famiglia, che può avere ad oggetto solo aziende e partecipazioni e mai immobili;
  • assicurarsi la segregazione patrimoniale: in questo modo sarà impossibile per il creditore particolare di un socio ottenere la liquidazione della relativa quota per riscuotere il debito.

È opportuno ricordare un ultimo vantaggio in sede di operazioni patrimoniali speculative che coinvolgano due o più persone: attraverso la costituzione di una società semplice, in presenza di un’operazione speculativa priva del carattere di imprenditorialità, si rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 67 del TUIR, che consente di:

  • definire in modo vincolante gli obblighi dei soci nei termini di conferimento ed esercizio comune dell’attività;
  • stabilire i criteri di ripartizione degli utili e delle perdite;
  • rendere irrilevanti eventuali cambiamenti sopraggiunti successivamente all’avvio dell’attività economica negli scopi dei soci.

La trasformazione è, tuttavia, possibile solo se la S.R.L. ha per oggetto esclusivo o principale la gestione di beni immobili: si tratta delle cosiddette società immobiliari di gestione.

Modificare l’oggetto sociale è sempre possibile: secondo il Consiglio Nazionale del Notariato “non genera problemi di elusione [fiscale] la modifica dell’oggetto sociale necessaria per ottimizzare l’operatività della società nel nuovo assetto, come nel caso in cui si proceda, in sede di atto di trasformazione, a escludere dall’oggetto qualsiasi riferimento ad attività commerciali non compatibili con il nuovo tipo”.

Potrebbe, tuttavia, sorgere qualche dubbio su un eventuale abuso del diritto di modifica, qualora l’intento sia solo quello di godere dell’agevolazione fiscale, soprattutto nel caso in cui la modifica venisse deliberata contestualmente alla trasformazione e risultasse essere la causa sostanziale dell’operazione stessa.

La trasformazione di società a responsabilità limitata in società semplice, anziché soggiacere al regime di tassazione ordinario con l’applicazione delle aliquote IRES ed IRAP, beneficia dell’applicazione di un’imposta sostitutiva. La già citata legge 197/2022, entrata in vigore a gennaio, chiarisce che i benefici fiscali derivanti dalla trasformazione competono solo per le operazioni poste in essere entro il 30/9/2023.

L’imposta sostitutiva è pari all’8% (ovvero al 10,5% per le società che sono risultate di comodo per almeno due anni nel triennio 2020-2022) e deve essere calcolata sulla differenza tra il valore catastale degli immobili ed il relativo costo fiscalmente riconosciuto. Il versamento, che può essere suddiviso in due tranche, dovrà avvenire per il 60% entro il 30/09/2023 e per il 40% entro il 30/11/2023 senza interessi.

Si ricorda che per poter beneficiare appieno dell’agevolazione, la società deve possedere solo immobili diversi da quelli strumentali per destinazione.

Se nel patrimonio netto della società trasformata vi sono riserve in sospensione d’imposta, queste devono essere assoggettate all’imposta sostitutiva del 13%. Non rientrano in questa casistica le riserve costituite a fronte di una rivalutazione solo civilistica né le riserve affrancate.

Non è, invece, dovuta l’imposta di registro sugli immobili, in quanto questi ultimi rimangono parte del patrimonio sociale. Pertanto, rimane continuo il conteggio del quinquennio: se un immobile ha un’anzianità di detenzione complessiva superiore a cinque anni, potrà essere venduto senza ulteriori gravami fiscali, quali ad esempio l’imponibilità di un’eventuale plusvalenza.

In tema, infine, di imposte indirette l’atto di registro sconta l’applicazione dell’imposta ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200€.


Ammortamenti 2022: sospensione o modifica?

Sono numerose le imprese che avranno una performance economica negativa nel bilancio del 2022, situazione dovuta a diverse ragioni, tra cui l’elevato aumento dei costi energetici e delle materie prime, nonché le difficoltà di mercato legate al conflitto tra Russia e Ucraina. Potrebbe, quindi, rendersi necessario per tali imprese valutare, insieme ai propri consulenti, l’applicazione di nuove politiche di bilancio atte a minimizzare il peso degli ammortamenti.

Nel bilancio del 2022, attualmente in fase di chiusura, e in quello futuro del 2023, è possibile sospendere gli ammortamenti fino al 100%, come alternativa all’applicazione dei criteri di valutazione ordinari.

Il piano di ammortamento viene definito nell’esercizio in cui il bene è disponibile e pronto per l’uso, stimando la residua possibilità di utilizzo, che è legata alla durata economico-tecnica ed è generalmente inferiore rispetto alla durata fisica.

L’OIC 16 fornisce indicazioni su come stimare la residua possibilità di utilizzo di un cespite, tenendo conto di diversi fattori, quali ad esempio il deterioramento fisico dovuto alle condizioni di utilizzo, il grado di utilizzo, l’esperienza dell’azienda, le stime dei produttori del cespite e di eventuali perizie, l’obsolescenza tecnologica, nonché i piani aziendali di sostituzione e le politiche di manutenzione.

Tale principio contabile disciplina anche la modifica del piano di ammortamento, che deve essere periodicamente rivisto per verificare la presenza di eventuali cambiamenti nella residua possibilità di utilizzo. In questo caso, l’amministratore deve ripartire il valore contabile dell’immobilizzazione, pari al costo storico di acquisto al netto degli ammortamenti effettuati fino a quel momento e di eventuali svalutazioni, sulla nuova vita utile residua del cespite.

La situazione economica in cui un’impresa versa impone di prendere determinate scelte strategiche: nel caso degli ammortamenti è possibile decidere se modificare il piano di ammortamento esistente o sospenderlo completamente.

Prolungare la vita utile residua potrebbe rappresentare la soluzione ideale in alcune situazioni, come nel caso di imprese che stanno registrando una modesta performance economica e che, probabilmente, continueranno ad ottenere risultati simili anche nei successivi esercizi. Questo approccio consente di evitare l’applicazione di una norma che deroga ai criteri di valutazione ordinari, purché i principi contabili vengano correttamente applicati.

Al contrario, la sospensione degli ammortamenti è preferibile sia per le imprese che hanno avuto una performance economica modesta solo nel 2022 e prevedono di tornare a ottenere risultati positivi in ​​futuro, sia per le imprese che presentano una performance economica molto negativa, che potrebbero optare per la sospensione integrale al fine di contenere le perdite di gestione.

In ogni caso, la Nota Integrativa del bilancio deve riportare le informazioni richieste per rispettare le norme di legge ed i principi contabili. Se viene modificata la vita utile, è necessario indicare le motivazioni della deroga e gli effetti prodotti da tale decisione. Dovranno essere esplicitate, a titolo esemplificativo, la percentuale di sospensione scelta, l’ammontare della riserva indisponibile (pari alla somma totale degli ammortamenti non transitati dal conto economico) e l’effetto che la mancata iscrizione degli ammortamenti ha prodotto sulla situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società.

Questa informazione è di fondamentale importanza per consentire agli stakeholders di comprendere il bilancio e prendere le opportune decisioni economiche.


Bonus investimenti in beni strumentali

Il bonus investimenti in beni strumentali, introdotto dalla legge di bilancio 2021 (L. 178/2020), consente alle imprese di beneficiare di un credito d’imposta del 50% sull’acquisto di beni strumentali nuovi e immateriali che soddisfano determinati requisiti. L’agevolazione si applica agli investimenti effettuati dal 16 novembre 2020 al 31 dicembre 2025, con la possibilità di proroga fino al 30 giugno 2026 per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2025 e per i quali siano stati versati acconti pari almeno al 20% del costo di acquisizione.

Le imprese di qualsiasi forma giuridica, settore economico e dimensione possono beneficiare dell’agevolazione, a patto che rispettino le normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e adempiano correttamente gli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori. In particolare, per fruire del credito d’imposta, l’impresa deve essere in possesso di un documento unico di regolarità contributiva (DURC) in corso di validità al momento della fruizione dell’agevolazione. Per maggiori dettagli e informazioni sulle normative di riferimento, si può consultare la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9 del 23 luglio 2021.

Esercenti arti e professioni

Il credito d’imposta per gli esercenti arti e professioni è limitato alla fruizione del beneficio sui beni strumentali “ordinari”. Questo significa che, a differenza delle imprese, non possono usufruire del credito d’imposta sugli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, formazione del personale, ecc.

Soggetti in regime forfettario

Anche le imprese che utilizzano regimi fiscali semplificati, come il regime forfetario previsto dalla Legge 190/2014, o regimi d’imposta sostitutivi, possono beneficiare del credito d’imposta sui beni strumentali, a condizione che rispettino le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e adempiano correttamente agli obblighi contributivi.

Esclusioni

Alcune imprese sono escluse dall’agevolazione, come quelle che si trovano in fallimento o altre procedure concorsuali (sebbene quelle che hanno concluso accordi di ristrutturazione possono accedere all’agevolazione), e quelle destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’art. 9 co. 2 del DLgs. 231/2000, ma solo per gli investimenti effettuati nel periodo di applicazione della sanzione.

Sono previste tre categorie di investimenti che possono beneficiare di agevolazioni fiscali:

  • Beni materiali e immateriali strumentali nuovi “ordinari”: si tratta di beni di natura materiale o immateriale (ad esempio, macchinari, attrezzature, software) che sono destinati a essere utilizzati nell’attività produttiva dell’impresa e che rispettano determinati requisiti previsti dalla normativa.
  • Beni materiali di cui all’Allegato A alla L. 232/2016: si tratta di una lista di beni materiali (ad esempio, veicoli elettrici, impianti di cogenerazione) che sono considerati particolarmente importanti per la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e che possono quindi beneficiare di agevolazioni fiscali.
  • Beni immateriali di cui all’Allegato B alla L. 232/2016: si tratta di una lista di beni immateriali (ad esempio, brevetti, marchi, software) che sono considerati particolarmente importanti per la competitività dell’impresa e che possono quindi beneficiare di agevolazioni fiscali.

A differenza delle precedenti agevolazioni fiscali previste dalla Legge 160/2019, il nuovo credito d’imposta include anche gli investimenti in nuovi beni immateriali che non rientrano nell’Allegato B alla L. 232/2016. Questo significa che le imprese possono beneficiare di agevolazioni fiscali anche per investimenti in beni immateriali che sono considerati importanti per la loro attività ma che non sono elencati nell’Allegato B.

L’agevolazione si applica agli investimenti effettuati nel periodo compreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 dicembre 2025. Tuttavia, l’articolo 1, comma 44 della Legge 324/2021 ha prorogato il termine fino al 31 dicembre 2025.

Inoltre, l’agevolazione spetta anche per gli investimenti effettuati entro il 30 giugno 2026, a condizione che siano soddisfatte le seguenti condizioni entro il 31 dicembre 2025:

  • L’ordine per l’acquisto dei beni deve essere stato accettato dal venditore;
  • Deve essere stato effettuato il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.

In sintesi, le imprese che intendono beneficiare dell’agevolazione fiscale per gli investimenti devono fare in modo di effettuare gli ordini entro il 31 dicembre 2025 e di effettuare i relativi pagamenti di acconti in misura pari almeno al 20% del costo di acquisizione entro la stessa data.

Destinazione in Italia

I beni devono essere destinati a strutture produttive situate sul territorio dello Stato.

Ciò significa che l’agevolazione fiscale è rivolta alle imprese che investono in beni strumentali per il loro processo produttivo in Italia e che intendono consolidare la loro presenza sul mercato interno. L’obiettivo dell’agevolazione è quindi quello di sostenere la competitività delle imprese italiane, promuovendo investimenti che possano contribuire alla crescita dell’economia nazionale.

Modalità

Il credito d’imposta può essere utilizzato esclusivamente in compensazione tramite F24, ai sensi dell’articolo 17 del Decreto Legislativo 241/97.

Inoltre, il credito d’imposta spetta in genere per i beni materiali e immateriali (sia “ordinari” che “4.0”) in tre quote annuali di pari importo. Nel caso in cui l’importo del credito d’imposta non sia utilizzato in tutto o in parte nella prima quota, l’ammontare residuo può essere utilizzato nei periodi d’imposta successivi secondo le modalità proprie del credito.

È importante notare che nel caso di investimenti in beni “ordinari”, il credito d’imposta può essere utilizzato a decorrere dall’anno di entrata in funzione dei beni, mentre per gli investimenti in beni “Industria 4.0” a decorrere dall’anno di avvenuta interconnessione. In altre parole, il credito d’imposta è disponibile a partire dal momento in cui i beni investiti diventano operativi e producono reddito per l’impresa.


BONUS PSICOLOGO 2023

DI COSA SI TRATTA?

È un contributo messo a disposizione dallo Stato da svolgere presso specialisti iscritti all’albo degli psicologi/psicoterapeuti aderenti a questa iniziativa.

Questo contributo è rivolto solo a chi possiede un ISEE inferiore a 50.000 euro.

Già introdotto nell’anno 2022 e riconfermato nell’anno corrente tramite la Legge di Bilancio che ha incrementato la somma erogabile da 600 euro a 1500 euro.

Per richiedere questo bonus, gestito dall’INPS, è attiva una procedura online accessibile tramite il sito internet di questo Ente.

Il Decreto Ministeriale del 31 maggio 2022 e la circolare INPS n° 83 del 19 luglio 2022 hanno disciplinato il funzionamento e le varie istruzioni per la richiesta del bonus.

A CHI SPETTA?

Il bonus spetta a chiunque necessiti di un aiuto a causa di un disturbo di salute mentale causato soprattutto dalle difficoltà riscontrate durante il periodo di pandemia ma anche per disagi creati da situazioni di stress, ansia, depressione e fragilità varie.

Non ci sono limitazioni e vincoli dovuti all’età per accedere alla prestazione.

COME RICHIEDERLO?

La domanda per poter usufruire del bonus dovrà essere effettuata entro un determinato periodo di tempo.

La modalità di richiesta rimarrà molto probabilmente la stessa dell’anno precedente:

  • tramite sito dell’INPS accedendo con lo SPID
  • telefonicamente da rete fissa tramite il numero verde gratuito 803.164 e da rete mobile 06.164164 a pagamento in base all’operatore telefonico

In seguito all’accettazione della domanda, verrà fornito semplicemente un codice da presentare al professionista.


Tassazione delle criptovalute – attività

Cosa sono e quali rischi si corrono con le criptovalute?

Il termine è composto da due parole; CRIPTO E VALUTE ovvero si tratta di una modalità di pagamento che sia in qualche modo nascosta attraverso la conoscenza di un determinato linguaggio informatico.

Si tratta quindi di uno strumento esistente solo in forma virtuale e non fisica.

La criptovaluta può essere scambiata attraverso il peer to peer ovvero in modalità diretta tra due persone senza intermediari.

Le criptovalute comportano sia vantaggi che svantaggi; possono sicuramente essere convenienti in quanto offrono una maggiore velocità nella transazione dei pagamenti ma possono comportare anche degli inconvenienti in quanto incentiverebbero di molto le attività criminali a causa della loro natura anonima come ad esempio le truffe.

Fino a dicembre 2022, non era prevista nessuna tassazione legata alle criptovalute al fine della compilazione del quadro RW. Da gennaio 2023, invece, è entrato in vigore il versamento di una imposta di bollo pari al 2 per mille del valore complessivo della cripto-attività.

La Legge di Bilancio 2023 è stata approvata dal Consiglio dei Ministri il 22 novembre 2022.

Da gennaio le cripto-attività sono soggette all’imposta di bollo o a un’imposta sul valore delle cripto-attività che riprende la regolamentazione dell’IVAFE ( imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero) che è un’ imposta attribuita ai soggetti residenti in Italia che possiedono prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio all’estero.

La tassazione introdotta riguarda esclusivamente le plusvalenze ovvero i guadagni relativi alla vendita di criptovalute con un’imposta al 26%.

In precedenza esisteva un’esenzione per tutti i soggetti che nell’arco dell’anno solare non avessero superato per più dei 7 giorni lavorativi la detenzione di una somma di 51.645,68 euro; sopra questa cifra subentrava una tassazione del 26% e al contrario sotto questa somma non veniva posta alcuna tassazione.

La nuova Legge abolisce questa esenzione introducendo però un altro vantaggio cioè che l’imposta al 26% scatti esclusivamente solo nel momento i cui si maturino plusvalenze di importo superiore a 2000,00 euro.

Con la nuova regolamentazione, si introduce inoltre un ulteriore tassazione con aliquota al 14% invece del 26% per i soggetti che riscontrino difficoltà nello stabilire effettivamente l’esatto valore derivante dalle plusvalenze a causa della difficoltà nello ristabilire i prezzi di acquisto.

Infine, per tutti coloro che negli anni precedenti non abbiano dichiarato la detenzione di cripto-attività e non ne avessero nemmeno vendute, dovrebbero versare lo 0,5 % del loro valore in relazione a ogni anno non dichiarato e nel caso in cui invece si siano create plusvalenze si dovrà versare il 3,5 % in relazione al valore dell’attività per ogni anno di detenzione e in aggiunta un ulteriore 0,5 % relativo a interessi e sanzioni.


Il phishing: cos’è e come proteggere la propria casella PEC

Il phishing è una delle principali minacce per la sicurezza delle caselle e-mail, ma recentemente sono state prese di mira anche le caselle PEC (Posta Elettronica Certificata).

Si tratta di una tecnica di frode informatica che viene utilizzata per indurre le vittime a fornire informazioni personali sensibili, come password e dati bancari, attraverso e-mail apparentemente legittime, spesso con mittenti autorevoli che sembrano arrivare da uffici pubblici (ad esempio dall’Agenzia delle entrate).

Le mail o PEC in questione contengono link che rimandano a siti fake che replicano, a volte anche in modo molto fedele, i siti istituzionali e, con un pretesto, chiedono di inserire le credenziali di accesso.

Il sito fake però comunica all’hacker le credenziali dell’utente danno così accesso a informazioni che possono essere utilizzate poi in modo fraudolento.

Il pericolo del phishing per le caselle PEC è reale, poiché queste ultime vengono spesso utilizzate per la gestione di aspetti importanti della vita professionale e personale, come la corrispondenza con il fisco, l’invio di documenti legali e la ricezione di fatture dal sistema di interscambio.

Se le informazioni contenute nella casella PEC vengono rubate da un malintenzionato, potrebbero dare accesso a informazioni riservate o violare l’account PEC stesso, per poi commettere frodi ai danni dell’utente.

Per proteggere la propria casella PEC dal phishing, è importante seguire alcune semplici regole:

– Non cliccare mai su link sospetti o scaricare allegati di provenienza sconosciuta, soprattutto se chiedono con qualsiasi scusa di fornire delle credenziali (utente e password). Se si ha un dubbio in merito contattare direttamente l’ufficio da cui proviene (o sembra provenire) la richiesta.

– Utilizzare password sicure e conservarle in modo accurato. Se possibile sarebbe opportuno cambiarle periodicamente.

– Non aprire allegati con estensioni sospette (.exe, .zip, etc.)

– Utilizzare un software di sicurezza e/o antivirus per proteggere il proprio computer e il proprio account PEC, tenerlo sempre aggiornato. Anche quello incorporato nel sistema operativo a volte è in grado di rilevare queste minacce, non deve essere disattivato.

– Essere attenti al contenuto delle PEC, spesso contengono errori grammaticali o ortografici o indirizzi e-mail sospetti.

– Non fornire mai informazioni personali o finanziarie sensibili in risposta a una e-mail o ad una PEC.

– Se si riceve una e-mail di phishing, è importante segnalarla alle autorità competenti (polizia postale) per contribuire a contrastare questa minaccia.

Per capire meglio di cosa si tratta, facciamo alcuni esempi pratici di phishing tratti da casi reali:

– Una e-mail di phishing che sembra arrivare dall’Agenzia delle Entrate contiene un link che porta a una pagina apparentemente legittima dove l’utente viene invitato a inserire le proprie credenziali di accesso. Se l’utente fornisce le proprie informazioni, l‘hacker può ottenere l’accesso al suo account ed utilizzarlo per commettere frodi.

– Una PEC che sembra arrivare dall’Agenzia delle Entrate, richiede il pagamento di una somma di denaro per evitare una multa o un’azione penale. Il testo può contenere un link che porta a una pagina dove l’utente viene invitato a inserire le proprie informazioni finanziarie. Le informazioni serviranno all’hacker che ha generato la PEC per entrare in possesso delle credenziali e commettere frodi.

– Una e-mail che sembra arrivare da un’azienda di e-commerce e richiede all’utente di cliccare su un link per verificare un ordine o per risolvere un problema con il suo account. Se l’utente clicca sul link, viene indirizzato ad una pagina che sembra legittima, ma che in realtà è stata creata da un truffatore per rubare le sue informazioni personali o per installare un malware sul suo computer.

A differenza delle mail, le PEC di phishing fanno leva sul fatto che la posta elettronica certificata ha valore legale, quindi l’utente ha giustamente più reticenza ad ignorare la richiesta.

Proprio per questo motivo, al minimo sospetto, è consigliabile contattare il fornitore o la propria banca per capire se la richiesta è stata effettivamente generata da loro oppure no. Prima di effettuare pagamenti o prima di inserire delle credenziali potete contattare il vostro commercialista, in particolare se si tratta di richieste fiscali o giuridiche.


A cosa serve un business plan?

Quando preparare un business plan? A cosa serve? Quali caratteristiche deve avere?

La pianificazione delle attività aziendali è un aspetto fondamentale per il successo di qualsiasi impresa, sia che si tratti di una piccola attività commerciale o di un’azienda di grandi dimensioni. Pianificare le attività aziendali significa definire gli obiettivi dell’impresa, i mezzi per raggiungerli e le risorse necessarie per farlo. In altre parole, si tratta di stabilire una sorta di “roadmap” per il futuro dell’impresa.

La pianificazione delle attività aziendali è importante per diversi motivi. In primo luogo, permette di avere una visione chiara e dettagliata dell’impresa e dei suoi obiettivi a medio e lungo termine. Inoltre, aiuta a individuare le opportunità e i rischi connessi all’attività e a prendere decisioni informate. Inoltre, la pianificazione delle attività aziendali permette di individuare le risorse necessarie per raggiungere gli obiettivi e di allocarle in modo efficiente.

Uno strumento molto utile per pianificare le attività aziendali è il business plan, ovvero un documento che descrive in dettaglio l’impresa, i suoi obiettivi, le strategie per raggiungerli e le risorse necessarie. Il business plan è uno strumento indispensabile sia per chi avvia una nuova attività, sia per chi desidera espandere o riorganizzare un’impresa esistente.

Il business plan deve essere redatto in modo chiaro e conciso e deve contenere tutte le informazioni necessarie per comprendere l’impresa e i suoi obiettivi. In particolare, deve descrivere:

• La mission dell’impresa e gli obiettivi a medio e lungo termine

• Il mercato di riferimento e la concorrenza

• Il prodotto o il servizio offerto

• La strategia di marketing e le tecniche di vendita

• L’organizzazione e la gestione dell’impresa

• Il budget e il piano finanziario

• Analisi SWOT

Redigere un business plan è un’attività che richiede tempo e impegno, ma è estremamente importante per il successo dell’impresa. Per poter redigere un business plan ben strutturato è necessario applicare competenze economiche e fiscali e permette di avere una visione chiara e dettagliata dell’impresa e di pianificare le attività in modo efficace, evitando di incorrere in errori o ritardi. Inoltre, è uno strumento indispensabile per ottenere finanziamenti e per convincere potenziali investitori della solidità dell’impresa.

Il nostro studio può supportare le imprese che abbiamo necessità di redigere un business plan, sia per esigenze interne sia per poterlo presentare alle banche oppure ad altri investitori

Vi interessa ottenere un preventivo per la redazione di un business plan?

Inviate una richiesta all’indirizzo mail: info@algconsulenze.com